‘DOPO LA FINE DELL’ARTE’ E L’ARTISTA ‘BRAND’

L’artista famoso oggi è un artista star, è come un brand molto più iconico dell’artista famoso anhe solo  50 anni fa.ART ADVISOR ITALIA

ART ADVISOR ITALIA Artisti come Damien Hirst, Tracey Emin, Jeff Koons, Marina Abramovic, Vanessa Beecroft, Anish Kapoor, Maurizio Cattelan  sono premiati con una popolarità degna delle star del cinema , sconfinano nelll’ambiente della moda e del rock .

Basti citare la collaborazione di Jeff Koons con Louis Vuitton . La moda ha una ricerca estetica che va oltre il valore d’uso di un oggetto, è un valore simbolico. L’arte dovrebbe andare oltre a questo : va oltre l’effimero perché esprime valori, esprime idee. Viene da chiedersi se in queste contaminazioni sia più il brand della moda a imporsi sul valore d’arte o viceversa.

Questa contaminazione verso il brand e lo star system  è figlia di un movimento che non può non essere citato per capire come si è arrivati a questo punto : la Pop art.

Secondo Arthur Danto , dopo l’esposizione del ‘brillo box’ in un museo l’arte era morta. La fine dell’ arte, era da intendersi come fine della storia dell’arte. Il che non significa che l’ arte non possa proseguire il suo cammino, ma che  ha ora raggiunto finalmente quel grado di  libertà che ne favorisce sviluppi plurilaterali, e non  più un corso in un’unica storia. Oggi l’ arte  si sviluppa in tutte le direzioni.

La Pop Art, dunque,  ha portato a termine quel compito storico di indagare sull’ essenza dell’ arte, su cui si erano scontrate le  avanguardie.ART ADVISOR ITALIA

Brillo Box,  avendo reso accettabile che qualsiasi cosa o rappresentazione possa avere il ruolo di opera d’ arte, ha reso gli artisti  liberi di correre ciascuno nella direzione che vuole e i percorsi dell’arte oggi  si diramano in tutte le direzioni.

Con la Pop Art, quello sviluppo della storia dell’ arte, in cui si sono alternate avanguardie ciascuna delle quali alla ricerca dell’ essenza dell’ arte, si arresta. Si è arrivati a quello che Danto ritiene  l’ essenza dell’ arte e cioè il suo “aboutness”, l’ essere-a-proposito-di .
Questo processo, culminante con Pop Art e Brillo Box, comporta, secondo Danto, l’ affrancamento dell’ arte dalla filosofia e dalla storia. Di morte dell’arte, peraltro,  se ne parla da un secolo, ma in realtà non muore mai : cambia.  Cambia pelle; dal momento in cui una scatola da supermarket è entrata in un museo, l’arte ha subito uno scossone. Eternità ed estetica l’hanno subìto, in primis.

Si può fare un paragone fra l’idea sostenuta da Danto e quella  di Fukujama negli anni Novanta, per il quale con la democrazia ed il libero mercato la storia è finita. Come i paesi democratici e liberali infatti non confliggono tra di loro e convivono pacificamente, così non esistono più avanguardie che si danno il passaggio del testimone, ma molteplici direzioni contemporanee nel mercato, sempre più rilevante, sempre più aberrante, sperequato, distonico.

Un mercato in cui appunto il brand prevale, e l’artista iconico di oggi è egli stesso BRAND. ART ADVISOR ITALIA 

Facciamo un esempio per tutti.

Hirst valeva 100 milioni di sterline a 40 anni : Warhol e Picasso polverizzati in un battito di ciglia. La sua frase è “trasformarsi in un nome di brand è importante : è il mondo in cui viviamo “.

Ha lavorato su un binomio classico : vita e morte, eros e thanatos ;da lì, però, s’è mosso in chiave spettacolare .

Prima con ‘A thousand years’, con animali in decomposizione, poi con lo squalo, quello che ha dato il titolo al testo ‘Uno squalo da un milione di dollari’, di Donald Thompson. Ha poi messo in scena le  pillole con cui ci curiamo e avveleniamo, poi le farfalle eteree simbolo di vita breve.

Sono tutte opere che esprimono la forza del pensiero di Hirst, la sua idea di morte e dissoluzione, ripresa da Francis Bacon, ma anche la disperata ricerca di un senso legato al ciclo delle cose e alla loro ineluttabilità.

 

Emblema di un’epoca è il teschio ricoperto di diamanti , ‘For the Love of God’

Si tratta di  un cranio umano gothic-rock-pop che pare rivestire, in modo glamorous quanto  beffardo,  una danza macabra medievale. La pietra più grande è l’ emblema dello sciupìo vistoso, quasi a strizzare l’occhio all’idea di spreco come di  effimero che passa e allo stesso tempo quasi a fare un rito apotropaico contro la morte, rendendola bella, preziosa, addirittura appetibile.. Spiega Hirst che in Inghilterra, “Per l’amor di Dio” ha due significati, quello letterale, e cioè, che tu agisci per far piacere a Dio, ma è anche un’esclamazione, tipo “Per l’amor di Dio!”, quando fai qualcosa di sbagliato. Te lo direbbe tua madre se rompi un piatto: “Per l’amore di Dio, perché lo hai fatto?”.

E’ iconico e ironico, ha entrambi i significati. Il teschio lo è : è quasi rock, ma costa come niente al mondo; è iconico come il teschio della Trinità di Masaccio, ma beffardo come una pietra così vistosa da sembrare finta. E’ un Totem sacro che fa  una risata .

Hirst ha, poi,  ideato una mostra a Venezia in cui si  è inventato un vascello fantasma e ha fatto dello storytelling un punto di fuga, per dire che tutto ciò che vuoi che sia vero, lo diventa, compreso un tesoro ritrovato, che invece è un ‘invenzione per permettergli di creare busti ispirati alle Barbies e omaggi a Topolino e a Andy Warhol ( non a caso ): ‘The treasure from the wreck of the unbelievable’ è la mostra  in cui il gioco fra realtà e finzione è più che mai erede di Duchamp e più che mai post moderna e francamente irresistibile.

 

E’ solo una grande  astuzia commerciale con l’iniziale sostegno di Saatchi ?

No , per il filosofo Josè Jimenez queste provocazioni non sono inferiori alla portata che ebbe la ‘Fontana’ di Duchamp nella seconda decade del Novecento o al ferro da stiro chiodato di Man Ray : corto circuiti mentali che ridisegnano il ruolo dell’artista contemporaneo ma oggi, anche, lo ‘brandizzano’, proprio perché il sistema in cui viviamo è quello della moda e dello star system.

Hirst ha affermato che amava avere  una fabbrica ( come Warhol con la factory ) che producesse i suoi lavori, ma non una fabbrica di idee.

L’idea, è tutto. L’idea va preservata. Ecco perche’ lo squalo ha un altro titolo , che obblighi a ripensare il suo significato : ‘L’impossibilità fisica della morte nella testa di un essere vivente’ .

Ecco il brand : c’è Damien Hirst che produce dei Damien Hirst. Come Prada o Gucci : solo che per goderne, si paga di più. Si compra il nome, l’idea. Ma si compra un’idea immortale, fuori tempo, fuori spazio, fuori trend.

Quella di Hirst è’ il gioco di meditazione sulla morte che va da Duchamp a Warhol, in chiave contemporanea. Il teschio è il punto d’arrivo della sua estetica della morte in chiave contemporanea. “Mi sono sempre piaciuti i teschi, da quando la mia ragazza mi disse: “Non puoi fare teschi? sono troppo affascinanti”, e mi ha fatto venire voglia. Ecco perchè ho realizzato quello coperto di diamanti. Penso che non ci siano limiti al fascino di un teschio, ho una casa in Messico , là amano i teschi. E mi piace continuare a farli anche quando saranno fuori moda e poi alla moda e poi fuori moda”. Si diceva , appunto, brand…

Koons è  festoso, si muove in un universo più ludico, la Emin su un universo pop-psicanalitico di scrittura di diario privato, ma la falsariga è il brand.

Pendiamo dai sorrisi fiorati di  Murakami : Brand e icone , con dei salti nella performance quasi a scardinare  l’ordine fisico di una vita invasa da etichette. Fisicità che non a casa  in Hirst è  appunto preponderante, anche nel modo di vedere e recepire l’opera :  in una visione certamente più fisica che emotiva per lo spettatore  ( come  era  invece dall’ Impressionismo). Arte ‘flesh&bones’, si potrebbe dire, quasi alla lettera, dato l’uso di cadaveri e teschi come nemmeno in una ‘vanitas vanitatum’ medievale o secentesca.

Per capire se l’arte sia oggi un fatto di imprenditorialità, una vocazione , una filosofia estetica  o un grande  intrattenimento, c’è il magnifico testo di Sarah Thornton, ’33 artisti in tre atti’ . Di questo libro,  Orozco ha detto ‘ eravamo tutti in biancheria intima quando ci ha intervistati; alcuni di noi sno riusciti a mantenere le calze’.

Ecco, mettere  a nudo il sistema e i suoi attori per scoprirne i talenti, le zone d’ombra, in un intimate circle affascinante come un romanzo, è un gioco molto importante, che riconduce al pensiero di Danto : l’arte è fuori dalla storia e viaggia libera, fra mille contraddizioni.

https://www.thearttime.com/it/art-contemporary-reviews-and-interviews/

 

 

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