ALIGHIERO BOETTI, ‘Per filo e per segno’ ad ASTI

  • Alighiero-Boetti.-Perfiloepersegno.-Exhibition-view-at-Palazzo-Mazzetti-Asti-2018.-Photo-©-Enzo-Bruno

La Fondazione della Cassa di Risparmio di Asti presso  Palazzo Mazzetti, un magnifico Palazzo settecentesco, ha organizzato di recente  la mostra personale di Alighiero Boetti “Perfiloepersegno”, a cura della storica dell’arte Laura Cherubini in collaborazione con Maria Federica Chiola  .

Segni e fili fan parte della grammatica artistica di Boetti : segni come gesti ma anche come tracce lasciate, fili come arazzi, ricami , lavori dall’amato Afghanistan così hippies e anni Settanta da affascinare ancora oggi come alcune fra le opere più folk, poetiche e casuali dell ‘Arte Povera.

Sessantacinque opere eterogenee si dipanano fra le sale del magnifico palazzo, accomunate dall’idea di arte dichiarata da Boetti : ‘si può usare tutto, per fare arte, senza nessuna gerarchia’.

Arazzi, la famose mappe, ricami, cartoncini a biro, tappeti : un modo di fare arte antropologico, casuale, materico e spirituale assieme perché Boetti , ‘Io e Boett’i come direbbe lui, notissimo per l’opera dell’Io e del suo doppio, unisce yin e yang come uno sciamano provetto in ogni sua manifestazione artistica.

I segni sui ricami han un valore che corrisponde all’istante, in un tempo transeunte che li vede protagonisti nel tempo in cui li si legge, li si vive, li si interiorizza. Un tempo interiore di durata alla Bergson e un essere-nel-tempo alla Heidegger ( ma anche nello spazio, meglio se sconfinato , quello delle geografie improbabili e da scoprire ).

I suoi arazzi hanno una valenza etnica di trait d’union fra Oriente e Occidente, come le scale gnawa della musica anni Settanta, e diventano bandiere concettuali di luoghi dell’anima, prima che di geografie fisiche.

Infine, le opere meno note di Boetti, quelle a penna biro: con  monologhi ossessivi composti da un gesto ritmato e ripetuto, esasperanti per la regolarità dell’atto; una sorta di eterno ritorno del segno della penna, quasi rituale.

L’arte secondo Boetti

L’arte va trasformata in un evento continuo secondo Alighiero Boetti, in una manifestazione di vita in uno stato puro.

Boetti desidera che il suo corpo nell’arte sia un flusso e non una ripetizione, una rappresentazione statica, un doppio immobile, ma un ‘incessante creazione continua’.

Questo anche nei suoi arazzi, nelle mappe e nelle penne a biro : segni di sé che però soffiano l’attimo dell’istante, e nello stesso un’eternità fatta di un certo gusto per il rito, come un guru senza regole ma dalla ferrea regola di trasgredirle tutte .

Vita e arte sono connesse da una corrente di energia, che lascia spazio a sogni, immaginazione e libertà.

Si ha spesso la sensazione con Boetti di essere in mezzo a un vodoo sciamanico che prende vita, si fa dinamico, ironico, transeunte ma anche eterno.

Le cose divengono e si trasformano perennemente, le ripetizioni sono riti circolari che azzerano il senso di staticità e di tradizione.

La tradizione culturale dell’arazzo diviene gioco di mani, di fili, di storie di tessuti, in cui il materiale, povero per l’appunto, mette l’accento sulla vita e non sull’eternità di marmi tradizionali .

Un po’ come avviene nelle Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto : tradizione sì ( classica per Pistoletto, folk per Boetti ), ma trasformata dal contatto di materiali poveri ( gli stracci usati dal pittore per Pistoletto, i fili di cultura popolare per Boetti ).

Le mappe, gli arazzi, le tracce corporee ( come ‘Io che prendo il sole a Torino’ , il 19 gennaio 1969) mostrano loro stessi come archetipi comportamentali , materia, hic et nunc, gioco libero e spesso spensierato nell’afferrare l’Istante.

 


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